L’universo dell’università
mi si schiuse come un teatro magico
dove convive il comico col tragico
e la finzione con la verità.
Dopo qualche anno ne fuggii lasciando
incompiuto il mosaico degli esami,
non per aver subíto torti infami,
ma per lo stress; né so se torno, e quando.
A novembre, quest’anno, ahimè scadranno
gli ott’anni al cui scader tutti dissolti
i vecchi esami son, sian pochi o molti;
o no, se in tempo nuovi esam si dànno.
Che far? pagare delle tasse il cumulo,
affannarsi, un esame abborracciare
per lo studente in me resuscitare?
o lasciar stare, e un sasso por sul tumulo?
Già morta infatti è in me l’idea di laurea,
tanto già ognun mi crede professore;
ma l’accetto, se per causa d’onore
me la date; e le fo cornice aurea.
Se non a me, a chi darla? poche scuse;
al curriculum mio date uno sguardo:
nel ciel dell’arte come un sole io ardo
che ha nove raggi, e son le stesse Muse.
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