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La ventimillesima aurora di Marco Palasciano è il mio primo lungometraggio (83 minuti). Protagonisti io stesso, la mia spalla comica Gaetano, la persona a me piú cara nel mondo dei morti (Eleonora) e quella piú cara nel mondo dei vivi (Mustafà). Va detto che le riprese sono frammentarie e di norma improvvisate. Rare le integrazioni, per mia accidia, che non fossero mere didascalie. Chi poi non mi conosce potrebbe non intender bene tutto: il film è un folto intreccio di nessi peregrini. E anche se scrivo «Musiche di…» ci sarà sempre uno spettatore distratto che domanda «Di chi sono le musiche?». Figurarsi il resto. Insomma, per favore, prima di vedere il film leggete il seguente glossario.
Abdul. (Non è il suo vero nome.) La scena sul balcone è reale. La scena alla stazione – dove è interpretato da un’altra persona – è una finzione, ed è ricavata in parte da spezzoni di un altro film.
alchimia. Leggendaria procedura chimica che ha per scopo l’ottenimento della pietra filosofale, atta a tramutare il metallo vile in oro. Simboleggia in realtà un percorso di maturazione filosofica. Si parte dall’opera al nero (nigredo; simbolo di morte, o della distruzione che precede la rigenerazione: vedi operai a ristrutturare il condominio) per proseguire con l’opera al bianco (albedo; talora preceduta dalla cauda pavonis, in cui il composto si fa multicolore come il cielo all’aurora), l’opera al giallo (citrínitas; talora sfumante in viríditas, opera al verde) e l’opera al rosso (rubedo; simbolo della conciliazione degli opposti, come Beatrice e Mustafà).
amor de lonh. Il film non lo menziona; ma se ne è parlato durante gli eventi in esso narrati. Una didascalia poi scartata recitava: «Mustafà ha preso un raffreddore ma sopravvivrà, a differenza del poeta provenzale Jaufre Rudel – inventore, in questi giorni spesso menzionato, dell’amor de lonh ossia “amore di lontano” – il quale, innamoratosi della contessa di Tripoli senza averla mai vista, e scritte per lei le piú belle poesie del mondo, durante il viaggio per raggiungerla si ammalò, e morí fra le braccia di lei, che da allora visse chiusa in un convento». Tra quel che le riprese hanno omesso di documentare c’è l’acquisto delle medicine per Mustafà da parte di Gaetano.
anagramma. Si prendono tutte le lettere d’un testo, le si mescola e le si usa per costruire un altro testo.
Carpenter. In una scena in bianco e nero c’è una evidente citazione dal film Essi vivono (1988): notare i maxischermi...
caso. Per caso, in vari punti la musica – registrata molti anni fa – sembra composta apposta per il film; a esempio accompagnando alla perfezione un dato movimento e poi un altro, o sovrapponendosi intonatamente al mio canticchiare (o, nel caso del valzer di Olimpia, strombettare: il valzer l'ho aggiunto in fase di montaggio), ecc.; coincidenze che paiono avere del miracoloso. Lo stesso vale per alcune soluzioni di montaggio offertemi sempre dal caso, ottimali a dispetto della scarsità del girato.
ChatGPT. Nel film non lo si dice; ma non avrei potuto intraprendere alcun viaggio se, nelle settimane precedenti, i dialoghi intensivi con l’intelligenza artificiale non avessero accresciuto le mie facoltà cognitive, al punto di permettermi di sconfiggere l’odeporofobia.
cinque. L’Accademia Palasciania ama il numero 5 per vari motivi, fra cui quello spiegato durante la cena delle ceneri. Quanto al film si può notare come – o per caso o per volontà – le celebrazioni della ventimillesima aurora occupino 5 giorni, e nel 5° di essi si festeggi il 5° anniversario della conoscenza di Mustafà, e la musica per la tomba del sole sia in 5 quarti, e i ringraziamenti finali siano 55, ecc.
Damian. Riguardo al suo flashback, unica altra scherzosa finzione del film, in realtà ciò che sta leggendo non è una «lettera misteriosa»; e il «tragico destino» è semplicemente l’esser andato a studiare archeologia a Roma.
“Dio”. L’irrompere del mondo spirituale nel mondo materiale è rappresentato con un umile effetto visivo di Windows Live Movie Maker, consistente nel virare l’immagine in tutti i colori dell’iride in successione.
Giacomo Leopardi. Sebbene dal direttore del Circo Universo sia trattato malissimo, è molto amato dall’Accademia Palasciania, che tante volte insieme con l’associazione Napoli e Leopardi ne ha celebrato il genetliaco.
Icaro e Ulisse. Il collegamento tra i due miti è una mia invenzione.
lungàggini. Se qualche lettura poetica o la selezione di scene da Circo Universo vi sembrano troppo lunghe, potete saltare avanti, cliccando sui link cronometrici nelle descrizioni dei video.
Marco. Chi non sa proprio nulla di me veda qui.
Mustafà. (Nome vero, ma non il solo suo, egli appartenendo a diverse culture.) Lauree varie. Vive da qualche anno a Torino, dove vende libri al mercato. Esperienze spirituali in Africa e Sudamerica. Poesie e altra arte. Limpido e lèpido. Votato ad un cosmo d’amore fraterno di tutti i colori; per gli spiriti grigi un mezzo matto. Occasionale accuditore, non per lavoro ma per simpatia, di matti veri; i cui dipinti ha pur voluto inserire in una mostra. Né disdegna di giocare a pallone coi bambini. Talora m’ha tenuto la mano mentr’ero sulla poltrona del dentista. Molto altro si potrebbe di lui narrare; ma nel finale della Vita nova di Dante «io vidi cose che mi fecero proporre di non dire piú di questa [persona] benedetta infino a tanto che io potesse piú degnamente trattare di lei».
ofiti. Corrente gnostica del II secolo, secondo la quale il serpente dell’Eden era Cristo venuto a risvegliare la conoscenza degli uomini e liberarli dall’ignoranza in cui li teneva colui che li aveva creati solo per esser venerato, il demiurgo Ialdabaoth, da non confondere con Dio. Gli ofiti allevavano serpenti e li addestravano a sfiorare il pane per santificarlo e farne eucarestia. Nel film un parallelo tra gli ofiti e gli osci fondatori di Capua, adoratori di serpenti, è tracciato a margine d’un cordone di saio – somigliante a un serpente – e d’un anagramma nel quale, oltre che alle sette serpi dello stemma di Capua, si allude all’alloro e ad Apollo. Il tutto va inteso come un puro gioco di collegamenti poetici, teso ad alludere vagamente al mio destino di nascere in Capua e scrivere una grande opera – insieme narrativa e filosofica – tale da meritare quell’alloro stesso che Dante avrebbe voluto ricevere nel suo amato battistero: «forse di retro a me con miglior voci / si pregherà perché Cirra risponda»...
orchestra. Tutta la musica extradiegetica che si sente nel film è mia. L’orchestra è simulata dal computer.
pianoforte. Quello che si vede alla fine del film fu donato a mia madre dalla stessa zia che l’aveva accolta dopo la morte del padre, e che le aveva dato modo di accedere all’istruzione universitaria (da cui la catena d’eventi che portò alla mia nascita). Su quel pianoforte, da bambino imparai da solo a suonare e comporre. L’improvvisazione che chiude il film è costruita su dieci note mugolate nel sonno da Mustafà e Gaetano. Il pianoforte che risuona nel resto del film è un altrui strumento a coda su cui improvvisai nel 2017.
piante. Erano su quel balcone da sempre, le curava mia madre, poi piú nessuno.
vivere o morire. Il film inizia con la tentazione di buttarsi dalla finestra e prosegue, fra l’altro, con l’additare antidoti alla pulsione suicidàle, come il viaggiare per riabbracciare gli amici lontani. Qualche “segno del cielo” (vedi uccellino del rullo mancante, ad “avvisarmi” del rischio di finire arrotato) è parso voler dire che io devo vivere, per compiere la mia opera.
Viviana. Senza lei – che vedrete nella scena in via Palasciano – non sarei riuscito ad acquistare online, qualche giorno prima, i biglietti per il viaggio; e dopo i funerali del re, prima che quella sera ci congedassimo, mi aiutò anche a trovare alloggio per me e gli altri due viaggiatori.