Immagine 1: il mondo materiale. |
La quotidianità è rappresentata da una casa buia, nella quale sono ammassati disordinatamente dei cubi, il cui monotono rigore formale rappresenta il falso ordine imposto al mondo dalle epistemi consuetudinarie, prone all’immanente e alle sue tenaci illusioni. Un omino, che è pur parte – fisicamente – di quel mondo, guarda però fuori, al cielo stellato, che rappresenta ciò che di eterno e luminoso – puramente spirituale – trascende la buia quotidianità, più vero di essa, essa che per l’unica verità si spacciava. Il cielo stellato ispira all’omino l’idea d’una simmetrica struttura circolare, perfetta, cristallina, tutt’altra cosa dai meschini cubi.
Potesse egli trasfondere quell’idea nel mondo materiale! contribuirebbe così al rimetterlo in sesto; e, rimesso in sesto, il mondo procederebbe all’unisono con le armonie mirabili di quel cielo stellato, del mondo atemporale e incorruttibile che è oltre la finestra.
(Certo, uno potrebbe anche non curarsene, tanto morendo si libererà del mondo corruttibile in ogni caso; ma il miglior modo di giocare al videogame della vita è – probabilmente – curarsene, di ciò, con tutta l’anima.)
Immagine 2 (a colori invertiti rispetto al disegno originale): il mondo spirituale. |
In una sorta di spazio a infinite dimensioni, atemporale ed eterno, il cui centro è in ogni punto, le nostre anime – tutte uguali per purezza – vivono tutte interconnesse da filamenti o raggi d’amore inesauribile, in perfetta felicità e armonia.
Questa realtà (che alla nostra ragione – tranne per intuizione – è inconoscibile, nel momento in cui siamo immersi nel gioco della vita) è il mondo autentico; rispetto a esso, il mondo materiale e temporale ha la consistenza di un sogno, non essendo altro che una sorta di immenso videogame nel quale – tra conflitti e concordie e gioia e pena – le anime giocano a impersonare le più varie creature, in una vasta gamma etico-estetica, volontariamente dimentiche dell’altro – il vero – mondo, in cui esse sono “dèi”.
(Quand’anche nel mondo che conosciamo – l’illusorio, benché a trovarci in esso esso ci appaia l’unico concreto – un’anima si incarnasse in un assassino, infine fuori di quell’avatar e del videogame universale essa ritorna ad essere, nel mondo atemporale, un’anima purissima, d’identico splendore delle altre e alle altre interconnessa, nell’infinita rete dell’amore assoluto. Ciò non toglie che il miglior modo di giocare non sia, probabilmente, l’assassinarsi l’un l’altro, ma l’un l’altro abbracciarsi: la perfetta felicità terrena non risulterà essere altro, allora, che quella di strutturarsi – come mondo – isomorficamente al mondo superiore.)
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