|
Palasciano. Foto di Antonio Calamo. |
Tra enigmatici
blue ribbons da spillarsi sugli abiti all'ingresso e minimongolfiere (con sù segnati un 10, un 20, un 30 e un 40) ascese in fuga icaria dal cortile, tra tavoli ardenti di campani ingegni intorno alla lanternata fontana antecristiana e girevoli corpi brillanti di sorrisi e di lustrini, tra eduli delizie da deliquio e un pantocromo offertorio di vini a istigarmi gli allievi all'ebrietudine, tra danze da Greenwich Village e da Rio e commoventi photo-show biografici (pur io, to', in quattro pose; eccone due), diamantino sulla torta un
reading macaberrimo (il mio), si è in Capua ieri sera – 30 luglio 2011 – consumata nel cortile di Palazzo Lanza la multimeravigliosa festa per il 40° compleanno di Giuseppe Bellone, dove a rappresentanza dell'Accademia Palasciania mi son recato in compagnia del mio assistente, del mio
bodyguard, del mio discepolo prediletto e d'un novizio acusmatico. Di séguito riporto il discorsetto da me tenuto sul palco del cortile lanzèo a introduzione della lettura di dieci
excerpta dal poemetto palascianesco
L'insectarium dei burattini (1995).
|
Bellone e Palasciano, 2010. Foto di Antonio Calamo. |
Poiché fra le mie dodici qualifiche professionali e semiprofessionali vi sono anche quella di poeta e di attore, il carissimo Bellone mi ha chiesto di declamare per lui e per voi, in cinque-dieci minuti, qualcosa di attinente all’occasione. E trattandosi qui di un compleanno i cui festeggiamenti si tengono in un palazzo nobiliare, nulla di ciò che posso attingere al mio corpus sarà attinente piú di alcuni pezzi del ’95 relativi al professor Coppelius – genio della meccanica, del teatro, e del male – in visita al palazzo d’un suo mecenate inglese, lord Hicks,
● per organizzargli (tra siparietti shakespeariani, balletti, clowneries, tableaux vivants ecc.) le feste in stile secentesco per il compleanno di suo figlio e/o fratello Ambrose (benché il bimbo sia morto da cinquant’anni),
● oltreché allo scopo di occuparsi della manutenzione della figlia del lord, che il padre ha fatto operare al cuore e – de facto – trasformare in automa onde evitarle le sofferenze dell’amore.
|
Palasciano sul palco della festa del Bellone. Foto di Antonio Calamo. |
Già che ci siamo, riporto nel presente post l'
excerptum finale (già edito nell'antologia
Una piazza per la poesia, Il Portico, 2007):
— O padre mio, dagli stregati dedali
di neri muraglioni, dimmi, c’è
chi ne esca mai, sú in aria, con le ali?
— O Miranda, si dice che il Demiurgo
per l’acre noia sua e malinconia
si diletti di gelidi anagrammi.
E il sommario ecco qui, dei dieci
excerpta:
● Come avvenne che la figlia di lord Hicks ebbe il cuore sostituito da un meccanismo a orologeria affinché il padre potesse controllarne meglio i sentimenti.
● Nella villa di lord Hicks, come ogni estate, si allestisce il gabinetto del professor Coppelius.
● A tavola.
● Nel gabinetto del professor Coppelius, dopocena, con lord Hicks che non fa che dire che la vita è un cimitero i cui lumini sono le stelle.
● Il professor Coppelius intento alla manutenzione della figlia di lord Hicks, in un lago di sangue e d’ingranaggi.
● Monologo interiore d’un inserviente da circo tra una prova e l’altra.
● Monologo interiore del professor Coppelius mentre assiste alle prove del balletto.
● Il professor Coppelius passeggia con lord Hicks in giardino.
● Il professor Coppelius discute con lord Hicks circa l’organizzazione del giubileo.
● Siparietto shakespeariano conchiuso in due mirabili terzine, l’una anagramma dell’altra.
Nessun commento:
Posta un commento