La sala eventi della libreria Guida Capua si trasforma in una neobarocca «camera delle meraviglie», sia pur virtuale, e nello scenario d’uno spettacolo ibrido – a ingresso gratuito – dove la fotografia d’autore fa da sfondo e motivo ispiratore al teatro di parola. Finanche parola divina: Marco Palasciano declama infatti passi dal biblico Genesi, nella prima parte della performance, e, nella seconda, dall’Amleto di William Shakespeare. Passi qua e là contaminati con frammenti d’altre scritture antiche e moderne (soprattutto moderne: a far da malta è Palasciano stesso). Nel contempo, sullo schermo si susseguono le immagini catturate e rielaborate da Salvatore De Maio, per la prima parte, e da Antonio Calamo e Vincenzo Pagliuca, per la seconda. Nell’intervallo tra le due parti si esibisce alla chitarra Antonio Faenza, con pièces trascelte dal repertorio classico.
Le immagini proposte da De Maio sono caratterizzate dall’astrazione; quelle di Calamo e Pagliuca dalla concretezza. Le prime sono, pour ainsi dire, «fotografie di pensieri»: se, per esempio, Palasciano intravede in esse un capitolo del Genesi, gli spettatori stessi sono sollecitati da De Maio a fornire una propria reinterpretazione di tali quasi reperti medianici, facendone uno specchio psicologico, per inserire infine eventualmente – in margine al dibattito post show – le rispettive intuizioni in un’urna. Le immagini di Calamo e Pagliuca sono invece tratte da un volume di cui sono coautori con Luigi Esposito, The Ghost Museum, edito dal DISCIZIA e dedicato ai locali della facoltà di Medicina Veterinaria dell’ Università di Napoli “Federico II”, abitati da meravigliosi quanto polverulenti reperti che – per l’incuria dell’uomo che pure li creò (o demiurgò, se tolti alla natura) – anziché venire collocati nelle ialine teche d’una Wunderkammer giacciono abbandonati alla deriva nel mare dell’oblio.
Sovrapposizione di fotografie di Antonio Calamo e Salvatore De Maio. |
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