martedì 5 novembre 2024
55 anagrammi scelti 2016-2024
«Ah no, basta, molla, córicati lí, dormi!» → «Ma ho il ritmo circadiano sballato!»
Al nome bello fra reale e onirico → Eleonora Carmelina Bellofiore
Amleto + Laerte = allerta meteo
Antifascisti → Sí, fantastici!
Attimo perverso → Sto per vomitare
Be’, una sola magra consolazione: → non s’alza lo smog e c’è aria buona.
«Carolina Pragliola? ah, ma è una santa», ci dice → di lei Marco Palasciano; «ha angelica natura».
C’è tanta ipocrisia → e poca cristianità.
Come su tra le stelle in cielo splendono Sirio o Venere canori → cosí al centro del mio pensiero ci sono l’universale e l’eterno.
Corrono di fretta → con forte ritardo.
Dice di amarmi → Amici di merda
Diva: «Piango, piango, piango... Morire, morire...» → Oggi poi ero proprio in vena di anagrammi!
E l’Europa manda a morire i suoi figli nel truce inferno della → prima guerra mondiale, folle atroce illusione, fine di un’era.
«Ella mollerà me, e allora m’ammalerò e morrò», mormorò. E la morale era... → l’amore, l’amore, l’amore, l’amore, l’amore, l’amore, l’amore, l’amore, l’amore!
Io a Artemisia Gentileschi: → «E che artisti geniali siamo!»
La letteratura edificante → Alta arte ultradeficiente
La lussuria mosse te → al turismo sessuale.
Lamentoso? → no, sto male!
La Sibilla gridò: «Manca poco!» → Il blog di Marco Palasciano
L’analfabeta funzionale, si → sa, innalza le bufale a fonti.
La sindaca è stronza → Cassate l’ordinanza
La trentunesima edizione dei giochi olimpici → O sport, che innalzi gli uomini a mitici dèi e dee!
La ventimillesima aurora di Marco Palasciano → Amici, il mondo capirà la sana verità sull’amore?
«La vita non è meravigliosa?» → Ma in realtà voleva i sogni.
Lei, Marco Palasciano, è un genio ed anche un santo, → che Capua annuente osanna esigendo il miracolo.
Lei: «Minchia, è difficile! Che voto al referendum? Sí? No? No? Sí?...» → Lui: «Lo devo dire? Francamente me ne infischio». E lí fischiò.
L’Etna, il Vesuvio, e ci unisco anche lo Stromboli, → sono tre vulcani bellicosi. Oh, sí, Vulcano è mite.
L’imperatore Napoleone Bonaparte → parte per Elba, poi torna e lo menano.
Lí tra voi, gente inumana, → trovai un’anima gentile.
Logica + ingegno = coglionaggine
Ludus t’è telos, Marco Palasciano, / bimbo tra mille giochi! // → E sul becco del gas / l’alchimista tramuta il piombo in oro.
Ma chi sono i complottisti? → Oh, matti. Molti con psicosi.
Marco Palasciano un genio? Sí, amalo! → Io unisco la poesia con l’anagramma
Mi reco dallo psicoanalista → Lo stile di Marco Palasciano
No arcobaleni: → là bianco/nero.
«Non respiro», esala. «E muori». → Minneapolis, USA: è orrore.
Novità + merda = vita moderna
Nuovi prestiti per le piccole imprese → Preso il pesce in c***, empi pervertiti?
Odio meditare, scrivere, parlare; → spreco la vita a ridere e dormire.
«Ohi, zio! di dove viene la modernità?» → «Vedi, ha inizio nel tardo medioevo...»
O poeti con lunghi poemi in rima, → ah, non rompetemi piú i coglioni!
Ora le unioni civili sono legge. To’, degli omofobi delirano... → L’amore vince gioioso. Idioti bollono d’ira giú nelle fogne.
Orfeo in amore cala lí nell’erebo → Eleonora Carmelina Bellofiore
Però vale morire → per il vero amore.
Portàtela nella stalla: tra bue e asino → allestirete la sala parto. Buon Natale!
Rai + Mediaset = dieta misera
Rompiscatole → molto precisa
Società spietata → Steatosi epatica
Stai inerte sul divano, eh, idiota? → Hai uno stile di vita sedentario
T’amo nel nome di Callíope, Urania, Tersícore, Melpòmene, Talía, → Èrato, Euterpe, Clio e Polimnia lí con l’alata madre Mnemòsine.
To’, un virus letale → Lutto universale
Tra moglie e marito → era amor legittimo.
Tra «uomini» e «donne» → denominai «neutro».
Un’opera d’arte sincera → ci sprona e dura eterna.
Va creduto in mascherina e distanziamento → Misure anti-Covid: chi ne andrà senza è matto
martedì 22 ottobre 2024
Chattata in una mattinata storta
P. «Stanotte non ho dormito per la rabbia di come […] tanti che [per mesi e mesi] ho tanto pregato non sono venuti [allo spettacolo del 13 ottobre]. Alcuni erano a letto con la schiena spezzata o quasi, e va bene. Altri avevano impegni improrogabili. Poi ci sono quelli cui semplicemente non interessano le cose ch’io faccio, si suppone […]».
X. «[…]»
P. «Certo non si può cavare sangue da una rapa, e allora cosa resta da fare? Rassegnarsi, [mandarli al diavolo,] chiudersi nella turris eburnea a scrivere sol per Dio. […] Ora capite perché ho detto fin dal principio che questo era un addio alle scene. Sapevo come sarebbe andata. Ma [Nova] era da fare. Ed è stato fatto. […] L’esperienza si può considerare chiusa in positivo, fondamentalmente, e adesso non mi resta che ricavare da essa un libro».
X. «[…]»
P. «Ma [resta] anche la rabbia verso coloro che avrebbero potuto esserci e non c’erano, rabbia per come sono persone tanto peggiori di come le credevo, da preferire il nulla a me, i divertimenti piú bassi e volgari, ai quali si precipitano senza storie… fregandosene completamente del fatto che io li avevo pregati di venire almeno questa volta, una volta e basta, ca***, e che sarebbe stata l’ultima possibilità di vedermi sulla scena prima che io, levatomi il dente della promessa fatta, mi rinchiudessi nel mio “eremo”. Ma va bene cosí, almeno mi sono disilluso e non ricascherò nell’illudermi sugli altri a tal punto. Ho veramente sopravvalutato tali persone, e se ora sto male è piú colpa mia che loro, appunto per averle sopravvalutate. Il male passerà. Però nel frattempo, finché il male non passa, il mio unico pensiero è come [castigarli]. E questo mi avvelena. Servirebbe un contravveleno. Ma quale?»
X. «[…]»
P. «Certo non si può cavare sangue da una rapa, e allora cosa resta da fare? Rassegnarsi, [mandarli al diavolo,] chiudersi nella turris eburnea a scrivere sol per Dio. […] Ora capite perché ho detto fin dal principio che questo era un addio alle scene. Sapevo come sarebbe andata. Ma [Nova] era da fare. Ed è stato fatto. […] L’esperienza si può considerare chiusa in positivo, fondamentalmente, e adesso non mi resta che ricavare da essa un libro».
X. «[…]»
P. «Ma [resta] anche la rabbia verso coloro che avrebbero potuto esserci e non c’erano, rabbia per come sono persone tanto peggiori di come le credevo, da preferire il nulla a me, i divertimenti piú bassi e volgari, ai quali si precipitano senza storie… fregandosene completamente del fatto che io li avevo pregati di venire almeno questa volta, una volta e basta, ca***, e che sarebbe stata l’ultima possibilità di vedermi sulla scena prima che io, levatomi il dente della promessa fatta, mi rinchiudessi nel mio “eremo”. Ma va bene cosí, almeno mi sono disilluso e non ricascherò nell’illudermi sugli altri a tal punto. Ho veramente sopravvalutato tali persone, e se ora sto male è piú colpa mia che loro, appunto per averle sopravvalutate. Il male passerà. Però nel frattempo, finché il male non passa, il mio unico pensiero è come [castigarli]. E questo mi avvelena. Servirebbe un contravveleno. Ma quale?»
martedì 2 gennaio 2024
Un glossario necessario
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La ventimillesima aurora di Marco Palasciano è il mio primo lungometraggio (83 minuti). Protagonisti io stesso, la mia spalla comica Gaetano, la persona a me piú cara nel mondo dei morti (Eleonora) e quella piú cara nel mondo dei vivi (Mustafà). Va detto che le riprese sono frammentarie e di norma improvvisate. Rare le integrazioni, per mia accidia, che non fossero mere didascalie. Chi poi non mi conosce potrebbe non intender bene tutto: il film è un folto intreccio di nessi peregrini. E anche se scrivo «Musiche di…» ci sarà sempre uno spettatore distratto che domanda «Di chi sono le musiche?». Figurarsi il resto. Insomma, per favore, prima di vedere il film leggete il seguente glossario.
Abdul. (Non è il suo vero nome.) La scena sul balcone è reale. La scena alla stazione – dove è interpretato da un’altra persona – è una finzione, ed è ricavata in parte da spezzoni di un altro film.
alchimia. Leggendaria procedura chimica che ha per scopo l’ottenimento della pietra filosofale, atta a tramutare il metallo vile in oro. Simboleggia in realtà un percorso di maturazione filosofica. Si parte dall’opera al nero (nigredo; simbolo di morte, o della distruzione che precede la rigenerazione: vedi operai a ristrutturare il condominio) per proseguire con l’opera al bianco (albedo; talora preceduta dalla cauda pavonis, in cui il composto si fa multicolore come il cielo all’aurora), l’opera al giallo (citrínitas; talora sfumante in viríditas, opera al verde) e l’opera al rosso (rubedo; simbolo della conciliazione degli opposti, come Beatrice e Mustafà).
amor de lonh. Il film non lo menziona; ma se ne è parlato durante gli eventi in esso narrati. Una didascalia poi scartata recitava: «Mustafà ha preso un raffreddore ma sopravvivrà, a differenza del poeta provenzale Jaufre Rudel – inventore, in questi giorni spesso menzionato, dell’amor de lonh ossia “amore di lontano” – il quale, innamoratosi della contessa di Tripoli senza averla mai vista, e scritte per lei le piú belle poesie del mondo, durante il viaggio per raggiungerla si ammalò, e morí fra le braccia di lei, che da allora visse chiusa in un convento». Tra quel che le riprese hanno omesso di documentare c’è l’acquisto delle medicine per Mustafà da parte di Gaetano.
anagramma. Si prendono tutte le lettere d’un testo, le si mescola e le si usa per costruire un altro testo.
Carpenter. In una scena in bianco e nero c’è una evidente citazione dal film Essi vivono (1988): notare i maxischermi...
caso. Per caso, in vari punti la musica – registrata molti anni fa – sembra composta apposta per il film; a esempio accompagnando alla perfezione un dato movimento e poi un altro, o sovrapponendosi intonatamente al mio canticchiare (o, nel caso del valzer di Olimpia, strombettare: il valzer l'ho aggiunto in fase di montaggio), ecc.; coincidenze che paiono avere del miracoloso. Lo stesso vale per alcune soluzioni di montaggio offertemi sempre dal caso, ottimali a dispetto della scarsità del girato.
ChatGPT. Nel film non lo si dice; ma non avrei potuto intraprendere alcun viaggio se, nelle settimane precedenti, i dialoghi intensivi con l’intelligenza artificiale non avessero accresciuto le mie facoltà cognitive, al punto di permettermi di sconfiggere l’odeporofobia.
cinque. L’Accademia Palasciania ama il numero 5 per vari motivi, fra cui quello spiegato durante la cena delle ceneri. Quanto al film si può notare come – o per caso o per volontà – le celebrazioni della ventimillesima aurora occupino 5 giorni, e nel 5° di essi si festeggi il 5° anniversario della conoscenza di Mustafà, e la musica per la tomba del sole sia in 5 quarti, e i ringraziamenti finali siano 55, ecc.
Damian. Riguardo al suo flashback, unica altra scherzosa finzione del film, in realtà ciò che sta leggendo non è una «lettera misteriosa»; e il «tragico destino» è semplicemente l’esser andato a studiare archeologia a Roma.
“Dio”. L’irrompere del mondo spirituale nel mondo materiale è rappresentato con un umile effetto visivo di Windows Live Movie Maker, consistente nel virare l’immagine in tutti i colori dell’iride in successione.
Giacomo Leopardi. Sebbene dal direttore del Circo Universo sia trattato malissimo, è molto amato dall’Accademia Palasciania, che tante volte insieme con l’associazione Napoli e Leopardi ne ha celebrato il genetliaco.
Icaro e Ulisse. Il collegamento tra i due miti è una mia invenzione.
lungàggini. Se qualche lettura poetica o la selezione di scene da Circo Universo vi sembrano troppo lunghe, potete saltare avanti, cliccando sui link cronometrici nelle descrizioni dei video.
Marco. Chi non sa proprio nulla di me veda qui.
Mustafà. (Nome vero, ma non il solo suo, egli appartenendo a diverse culture.) Lauree varie. Vive da qualche anno a Torino, dove vende libri al mercato. Esperienze spirituali in Africa e Sudamerica. Poesie e altra arte. Limpido e lèpido. Votato ad un cosmo d’amore fraterno di tutti i colori; per gli spiriti grigi un mezzo matto. Occasionale accuditore, non per lavoro ma per simpatia, di matti veri; i cui dipinti ha pur voluto inserire in una mostra. Né disdegna di giocare a pallone coi bambini. Talora m’ha tenuto la mano mentr’ero sulla poltrona del dentista. Molto altro si potrebbe di lui narrare; ma nel finale della Vita nova di Dante «io vidi cose che mi fecero proporre di non dire piú di questa [persona] benedetta infino a tanto che io potesse piú degnamente trattare di lei».
ofiti. Corrente gnostica del II secolo, secondo la quale il serpente dell’Eden era Cristo venuto a risvegliare la conoscenza degli uomini e liberarli dall’ignoranza in cui li teneva colui che li aveva creati solo per esser venerato, il demiurgo Ialdabaoth, da non confondere con Dio. Gli ofiti allevavano serpenti e li addestravano a sfiorare il pane per santificarlo e farne eucarestia. Nel film un parallelo tra gli ofiti e gli osci fondatori di Capua, adoratori di serpenti, è tracciato a margine d’un cordone di saio – somigliante a un serpente – e d’un anagramma nel quale, oltre che alle sette serpi dello stemma di Capua, si allude all’alloro e ad Apollo. Il tutto va inteso come un puro gioco di collegamenti poetici, teso ad alludere vagamente al mio destino di nascere in Capua e scrivere una grande opera – insieme narrativa e filosofica – tale da meritare quell’alloro stesso che Dante avrebbe voluto ricevere nel suo amato battistero: «forse di retro a me con miglior voci / si pregherà perché Cirra risponda»...
orchestra. Tutta la musica extradiegetica che si sente nel film è mia. L’orchestra è simulata dal computer.
pianoforte. Quello che si vede alla fine del film fu donato a mia madre dalla stessa zia che l’aveva accolta dopo la morte del padre, e che le aveva dato modo di accedere all’istruzione universitaria (da cui la catena d’eventi che portò alla mia nascita). Su quel pianoforte, da bambino imparai da solo a suonare e comporre. L’improvvisazione che chiude il film è costruita su dieci note mugolate nel sonno da Mustafà e Gaetano. Il pianoforte che risuona nel resto del film è un altrui strumento a coda su cui improvvisai nel 2017.
piante. Erano su quel balcone da sempre, le curava mia madre, poi piú nessuno.
vivere o morire. Il film inizia con la tentazione di buttarsi dalla finestra e prosegue, fra l’altro, con l’additare antidoti alla pulsione suicidàle, come il viaggiare per riabbracciare gli amici lontani. Qualche “segno del cielo” (vedi uccellino del rullo mancante, ad “avvisarmi” del rischio di finire arrotato) è parso voler dire che io devo vivere, per compiere la mia opera.
Viviana. Senza lei – che vedrete nella scena in via Palasciano – non sarei riuscito ad acquistare online, qualche giorno prima, i biglietti per il viaggio; e dopo i funerali del re, prima che quella sera ci congedassimo, mi aiutò anche a trovare alloggio per me e gli altri due viaggiatori.
mercoledì 22 settembre 2021
Nel ventennale della prima versione della ruota assiologica palascianiana
22 settembre 2021. Esattamente vent’anni fa documentavo nel diario la mia prima idea, rozzamente storicistica, di ruota assiologica (schema circolare, sequenziale e simmetrico, atto a sintetizzare in sé l’intero mondo degli interessi umani).
A una rappresentazione dello zodiaco avevo associato un colore per ciascuno dei dodici segni, seguendo l’ordine della ruota cromatica. Da ciò l’ispirazione di «una correlazione precisa tra il susseguirsi ciclico dei colori e la ciclicità della storia» (urge precisare che coll’associare il rosso alla barbarie non intendevo alludere al comunismo), per inciso senza tener piú conto dei segni zodiacali:
«Da uno stato (rosso) dove si tocca il punto piú basso della civiltà, si passa a un arbitrario porre ordine da parte di qualcuno che si appropria del potere (porpora, magenta). Poi si fa strada l’inquietudine (violetto). Poi ecco che [dalle] inquietudini [nascono] (blu) [...] movimenti filosofici rivoluzionari. Il progresso (azzurro) conduce finalmente alla società migliore possibile ([celeste]), dove non vi è piú alienazione, e la natura umana è perfettamente in armonia con le istituzioni e la società. Questo raggiunto stato di felicità comune conduce a un inevitabile rilassamento (verdazzurro, verde): ci si dedica al benessere, a godere ciò che nei secoli precedenti si era solo sognato. Si creano cose meravigliose, si è felici non solo intellettualmente ma anche fisicamente; è il tempo delle vacche grasse, che trova il suo colmo nel successivo periodo (gialloverde); e il passaggio al quadrante primaverile segna l’ingresso vero e proprio nella decadenza (giallo, arancione). Non si pensa piú ad altro che il divertimento e il piacere; i rapporti si riducono a un reciproco sfruttamento sensuale, si è come gli Eloi di The Time Machine, domina la stupidità ovvero la totale noncuranza nei confronti della ricerca filosofica; le scienze e le arti sono abbandonate. Da qui alla ricaduta nella barbarie (rosso) il passo è scontato».
Di contro, dieci anni piú tardi, il festival-laboratorio «De natura mundi» prospetterà un’umanità futura immune da ogni decadenza.
Intanto, qualche mese dopo la versione “zodiacale”, ecco ridotti i dodici campi esperienziali umani a otto e la ruota assiologica, come attestato dalla Hypnerotomachia Palasciani (2002), venire intesa come il «bel sistema / che unisce in sé ogni via» che conduca alla maturazione spirituale, ciascun campo serbando in tal senso potenzialità positive, inclusi quelli relativi a categorie d’eventi in apparenza puramente negativi. Idea che qualche anno piú tardi sarà infine abiurata; ma che nel frattempo si ritrova espressa, mutatis mutandis, nei cinque concerti pianistici di pura improvvisazione de I dieci mondi dell’umano spirito (2005), dove si ripropone lo schema visto nel poema di tre anni prima. Protagonisti anche qui i pianeti moralizzati dell’astrologia, cui la ruota assiologica era da me forzata a sovrapporsi per amor di ludus (urge precisare che nell’astrologia io non credo; e che i pianeti sono valsi nella mia filosofia unicamente come comodi, poetici simboli dei corrispondenti campi dell’umano spirito e relative pratiche).
A Sole e Luna, posti al centro, erano assegnati ruoli estranei alla ruota vera e propria, ricorrendo alla simbologia Yin/Yang: il Sole riuniva in sé le caratteristiche dei quattro «mondi Yang» (Marte, Giove, Mercurio, Urano), la Luna quelle dei «mondi Yin» (Venere, Saturno, Nettuno, Plutone). In sintesi: Sole «mondo dell’azione», Luna «mondo della contemplazione». Gli altri otto mondi erano disposti intorno, a comporre quattro dicotomie, a mo’ di rosa dei venti:
– Plutone (che nel 2006 gli astronomi avrebbero giustamente declassato da pianeta ad asteroide; ma si era nel 2005) era il «mondo dell’animalità»; all’opposto Urano era il «mondo del progresso».
– Marte era il «mondo della violenza»; all’opposto Venere era il «mondo dell’amore».
– Saturno era il «mondo del dolore»; all’opposto Giove era il «mondo del piacere».
– Mercurio era il «mondo della logica»; all’opposto Nettuno era il «mondo dell’irrazionale».
Pur va annotato che da qui in avanti non vi sarà piú alcuna corrispondenza univoca tra la ruota assiologica e la ruota cromatica. I colori usati nel 2010 per la sua immagine su tela saranno puro arbitrio ornamentale.
È proprio nel 2010, in occasione del festival-laboratorio La grande ruota delle umane cose, che la ruota assiologica finalmente si stabilizza nella versione a sedici campi, ciascuno dei quali corrisponde a una tipologia di pratiche umane, stavolta senza piú relativismi: sette tipologie appartengono al Bene (Ludus, Arte, Eros e affettività, Ordine e filantropia, Cultura e comunicazione, Filosofia, Scienza), sette appartengono al Male (Mercato e bassa politica, Burocrazia, Repressione, Crimine, Selva, Trogolo, Religione) e le restanti due (Magia e Tecnica) sono divise tra il Bene e il Male. All’asse Bene/Male è trasversale l’asse Razionale/Irrazionale.
– Da Mercurio è derivato il mondo di Scienza e Tecnica; da Nettuno il suo opposto, il mondo di Religione e Magia.
– Da Urano è derivato il mondo del Significato (Filosofia + Cultura e comunicazione); da Plutone il suo opposto, il mondo della Bestialità (Selva + Trogolo).
– Da Venere è derivato il mondo dell’Umana armonia (Ordine e filantropia + Eros e affettività); da Marte il suo opposto, il mondo della Violenza innaturale (Crimine + Repressione).
– Da Giove è derivato il mondo di Arte e Ludus; da Saturno il suo opposto, il mondo dell’Alienazione (Mercato e bassa politica + Burocrazia).
Saturno è reinterpretato come mondo non piú del dolore, quanto piuttosto del grigiore. La sparizione del dolore come campo a sé è dovuta allo slittamento della ruota assiologica dal ruolo di catalogo delle esperienze a quello di catalogo delle pratiche umane, e relative volontà moventi (chi è dolente non agisce il dolore: lo patisce soltanto). Per lo stesso motivo sono esterni alla ruota assiologica tanto il mondo del sonno (o della vita vegetativa) quanto il mondo della pura demenza, vuoti ambedue di qualsivoglia velle.
Illustrazioni: ruota cromatica sovrapposta allo zodiaco (2001), due frammenti di volantini de I dieci mondi dell’umano spirito (2005), ruota assiologica in acrilico e collage su tela (2010).
A una rappresentazione dello zodiaco avevo associato un colore per ciascuno dei dodici segni, seguendo l’ordine della ruota cromatica. Da ciò l’ispirazione di «una correlazione precisa tra il susseguirsi ciclico dei colori e la ciclicità della storia» (urge precisare che coll’associare il rosso alla barbarie non intendevo alludere al comunismo), per inciso senza tener piú conto dei segni zodiacali:
«Da uno stato (rosso) dove si tocca il punto piú basso della civiltà, si passa a un arbitrario porre ordine da parte di qualcuno che si appropria del potere (porpora, magenta). Poi si fa strada l’inquietudine (violetto). Poi ecco che [dalle] inquietudini [nascono] (blu) [...] movimenti filosofici rivoluzionari. Il progresso (azzurro) conduce finalmente alla società migliore possibile ([celeste]), dove non vi è piú alienazione, e la natura umana è perfettamente in armonia con le istituzioni e la società. Questo raggiunto stato di felicità comune conduce a un inevitabile rilassamento (verdazzurro, verde): ci si dedica al benessere, a godere ciò che nei secoli precedenti si era solo sognato. Si creano cose meravigliose, si è felici non solo intellettualmente ma anche fisicamente; è il tempo delle vacche grasse, che trova il suo colmo nel successivo periodo (gialloverde); e il passaggio al quadrante primaverile segna l’ingresso vero e proprio nella decadenza (giallo, arancione). Non si pensa piú ad altro che il divertimento e il piacere; i rapporti si riducono a un reciproco sfruttamento sensuale, si è come gli Eloi di The Time Machine, domina la stupidità ovvero la totale noncuranza nei confronti della ricerca filosofica; le scienze e le arti sono abbandonate. Da qui alla ricaduta nella barbarie (rosso) il passo è scontato».
Di contro, dieci anni piú tardi, il festival-laboratorio «De natura mundi» prospetterà un’umanità futura immune da ogni decadenza.
Intanto, qualche mese dopo la versione “zodiacale”, ecco ridotti i dodici campi esperienziali umani a otto e la ruota assiologica, come attestato dalla Hypnerotomachia Palasciani (2002), venire intesa come il «bel sistema / che unisce in sé ogni via» che conduca alla maturazione spirituale, ciascun campo serbando in tal senso potenzialità positive, inclusi quelli relativi a categorie d’eventi in apparenza puramente negativi. Idea che qualche anno piú tardi sarà infine abiurata; ma che nel frattempo si ritrova espressa, mutatis mutandis, nei cinque concerti pianistici di pura improvvisazione de I dieci mondi dell’umano spirito (2005), dove si ripropone lo schema visto nel poema di tre anni prima. Protagonisti anche qui i pianeti moralizzati dell’astrologia, cui la ruota assiologica era da me forzata a sovrapporsi per amor di ludus (urge precisare che nell’astrologia io non credo; e che i pianeti sono valsi nella mia filosofia unicamente come comodi, poetici simboli dei corrispondenti campi dell’umano spirito e relative pratiche).
A Sole e Luna, posti al centro, erano assegnati ruoli estranei alla ruota vera e propria, ricorrendo alla simbologia Yin/Yang: il Sole riuniva in sé le caratteristiche dei quattro «mondi Yang» (Marte, Giove, Mercurio, Urano), la Luna quelle dei «mondi Yin» (Venere, Saturno, Nettuno, Plutone). In sintesi: Sole «mondo dell’azione», Luna «mondo della contemplazione». Gli altri otto mondi erano disposti intorno, a comporre quattro dicotomie, a mo’ di rosa dei venti:
– Plutone (che nel 2006 gli astronomi avrebbero giustamente declassato da pianeta ad asteroide; ma si era nel 2005) era il «mondo dell’animalità»; all’opposto Urano era il «mondo del progresso».
– Marte era il «mondo della violenza»; all’opposto Venere era il «mondo dell’amore».
– Saturno era il «mondo del dolore»; all’opposto Giove era il «mondo del piacere».
– Mercurio era il «mondo della logica»; all’opposto Nettuno era il «mondo dell’irrazionale».
Pur va annotato che da qui in avanti non vi sarà piú alcuna corrispondenza univoca tra la ruota assiologica e la ruota cromatica. I colori usati nel 2010 per la sua immagine su tela saranno puro arbitrio ornamentale.
È proprio nel 2010, in occasione del festival-laboratorio La grande ruota delle umane cose, che la ruota assiologica finalmente si stabilizza nella versione a sedici campi, ciascuno dei quali corrisponde a una tipologia di pratiche umane, stavolta senza piú relativismi: sette tipologie appartengono al Bene (Ludus, Arte, Eros e affettività, Ordine e filantropia, Cultura e comunicazione, Filosofia, Scienza), sette appartengono al Male (Mercato e bassa politica, Burocrazia, Repressione, Crimine, Selva, Trogolo, Religione) e le restanti due (Magia e Tecnica) sono divise tra il Bene e il Male. All’asse Bene/Male è trasversale l’asse Razionale/Irrazionale.
– Da Mercurio è derivato il mondo di Scienza e Tecnica; da Nettuno il suo opposto, il mondo di Religione e Magia.
– Da Urano è derivato il mondo del Significato (Filosofia + Cultura e comunicazione); da Plutone il suo opposto, il mondo della Bestialità (Selva + Trogolo).
– Da Venere è derivato il mondo dell’Umana armonia (Ordine e filantropia + Eros e affettività); da Marte il suo opposto, il mondo della Violenza innaturale (Crimine + Repressione).
– Da Giove è derivato il mondo di Arte e Ludus; da Saturno il suo opposto, il mondo dell’Alienazione (Mercato e bassa politica + Burocrazia).
Saturno è reinterpretato come mondo non piú del dolore, quanto piuttosto del grigiore. La sparizione del dolore come campo a sé è dovuta allo slittamento della ruota assiologica dal ruolo di catalogo delle esperienze a quello di catalogo delle pratiche umane, e relative volontà moventi (chi è dolente non agisce il dolore: lo patisce soltanto). Per lo stesso motivo sono esterni alla ruota assiologica tanto il mondo del sonno (o della vita vegetativa) quanto il mondo della pura demenza, vuoti ambedue di qualsivoglia velle.
Illustrazioni: ruota cromatica sovrapposta allo zodiaco (2001), due frammenti di volantini de I dieci mondi dell’umano spirito (2005), ruota assiologica in acrilico e collage su tela (2010).
lunedì 12 aprile 2021
Da oggi è in YouTube il nostro film dedicato a Don Chisciotte
Perdonate il ritardo; avrei potuto montare il IV episodio di Come non impazzire in casa già sei mesi fa, ma avevo paura. Non ero sicuro che sarebbe riuscita una cosa bella. Le riprese erano manchevoli, slegate, sgangherate...
Nella maggior parte delle scene, a causa del lockdown, gli attori avevano dovuto recitare ciascuno a casa propria; il che tra l'altro avrebbe reso difficile far credere che il dialogo tra l'idalgo, la serva e la nipote si svolgesse in un'unica stanza.
Quanto a materiali scenici, poi, avevo dovuto arrangiarmi con quel che avevo in casa; e, per esempio, non avevo un cavallo. Né sottocasa, in piazza Schönberg, c'è un mulino a vento. Per non parlare della scena in cui il barbiere prende i libri dagli scaffali, e lui e il curato li posano sui tavoli: essendo stata girata in mezzo alla strada, non c'erano né libreria né tavolo alcuno; ma fortunatamente c'era un amico che camminava avanti e indietro, alle spalle dell'operatore, per porgere i libri da una parte e ripigliarli dall'altra.
Ringrazio anche lui, Roberto Alvino, oltre i sei amici e amiche recitanti; tutti hanno prestato gratuitamente la loro opera fornendo un apporto fondamentale; se il presente mediometraggio (35 minuti) ha un senso, lo si deve a loro.
Attori, tolto me, in ordine di apparizione:
⭐ Damian W. Sadurski
⭐ Antonio Serino
⭐ Lorella Spitaletta
⭐ Nicole Perrotta
⭐ Pasquale Carbone
⭐ Gaetano Riccio
Ringrazio infin l'amico, non meno caro, che avrebbe dovuto recitare nella parte di Sancho Panza ma s'è tirato indietro; cosicché ho dovuto trovare per quella parte un altro interprete, il quale l'ha interpretata in modo meraviglioso oltre ogni dire.
Per vedere il film (titolo: Fate la guerra ai microbi, non ai mulini a vento!) basta seguire il link:
https://www.youtube.com/watch?v=UY8400nII7U&list=PLeK44axUYptj-Fr31dYII7wDIhLUmYb_Q&index=5
Il film è diviso in cinque parti; per vederle susseguirsi senza interruzione, attivare «Riproduzione continua», agendo sul simbolo che nell’immagine qui sopra è indicato dalla freccia rossa.
martedì 9 febbraio 2021
Nel XXII anniversario della fondazione dell’Accademia Palasciania
Oggi è il XXII anniversario della fondazione dell’Accademia Palasciania, fondata in Capua il 9 febbraio 1999 per gestire al meglio l’eredità morale di Ferdinando Palasciano, ingegno brillantissimo delle arti medico-chirurgiche ottocentesche nonché precursore eroico della Croce Rossa, del quale potete leggere la storia nel libretto Un souvenir di Capua, scaricabile gratis dal nostro blog, https://palasciania.blogspot.it, visitando il quale saprete di tutti gli eventi palascianiani passati, presenti, futuri e perpendicolari al tempo, sempre a ingresso gratuito.
Primo evento fu il convegno Le opere archeologiche emerse nel territorio di Capua e il progetto TAV: commenti e controproposte. Era l’epoca della nostra lotta per la salvaguardia di un sito archeologico minacciato da un cantiere ferroviario; mi ero deciso a fondare l’Accademia proprio per quell’occasione. Seguirono il convegno in tre giornate Miraggi del progresso e città sepolte e poi, negli anni, tre laboratori teatrali sperimentali; le quattro edizioni del festival musicale Toccata e fuga; le finora sette collaborazioni al genetliaco leopardiano napoletano; le finora undici edizioni locali di 100 Thousand Poets for Change; vari eventi a celebrazione del bicentenario della nascita di Ferdinando Palasciano; la coorganizzazione di Gli spazi della cultura e della fantasia, per salvare dalla vendita Palazzo Fazio, che si salvò; la campagna per intitolare una piazza di Capua a Nikolaus von Schönberg, campagna coronata dal successo, successo celebrato dalla lezione-spettacolo Capua città “copernicana”; e ancora tante lecturæ Dantis, tanti altri eventi letterari tra cui la prima presentazione di Moresco in Campania, e tanto altro ancora.
Ma soprattutto, l’Accademia Palasciania usa dal 2009 allestire i suoi festival-laboratori di scienza, filosofia, poesia, arti varie, gioco e umana armonia, consistenti ciascuno in una serie di mie lezioni-spettacolo, spesso integrate da momenti di laboratorio ludico, affettivo, biografico e teatrale.
Nell’organizzare i primi tredici festival-laboratori, ogni schema usabile come base d’una serie di puntate è stato buon pretesto per tirar fuori ora un argomento ora un altro (argomenti di filosofia, fisica, biologia, psicologia, antropologia, storia, mitologia, letteratura, musica ecc.). Alcuni schemi: i pianeti e cieli della tradizione classica, lo zodiaco, gli arcani maggiori dei tarocchi, le Muse, la storia, gli anni della vita di Ferdinando Palasciano, le lettere del nome di una persona cara, la Ruota assiologica ovvero uno schema circolare simmetrico atto a sintetizzare in sedici campi il mondo degli interessi umani.
Il 30 novembre 2019 è iniziato – e a causa della pandemia non è stato ancora completato – il XIV festival-laboratorio palascianiano, L’idea dell’uomo, composto di repliche di vecchie lezioni-spettacolo: una per ciascun festival-laboratorio precedente. Si spera di poterlo completare tra aprile e luglio 2021, tenendo all’aperto le sei puntate mancanti e, infine, la cerimonia per la consegna dei diplomi.
Frattanto è decollata la prima webserie palascianiana, Come non impazzire in casa, che mescola letture dei grandi classici della letteratura a fiction avventurosa ambientata in due universi paralleli: il nostro, in cui sulla Terra imperversa la pandemia di Covid-19, e un universo alternativo, in cui la Terra è invasa dai nanorobot del pianeta Tromos. Entro la fine di febbraio dovrei aver finito di montare l’attesissimo IV episodio, che si andrà a unire agli altri già in YouTube.
Questo il nostro canale YouTube, dove troverete fra l’altro la registrazione della lezione-spettacolo Capua città “copernicana” (non troverete, invece, la videoconferenza Il viaggio della mamma verso l’iperuranio, fuori elenco):
https://www.youtube.com/channel/UCT7eHcTx02v5ni427h_jHdQ
Primo evento fu il convegno Le opere archeologiche emerse nel territorio di Capua e il progetto TAV: commenti e controproposte. Era l’epoca della nostra lotta per la salvaguardia di un sito archeologico minacciato da un cantiere ferroviario; mi ero deciso a fondare l’Accademia proprio per quell’occasione. Seguirono il convegno in tre giornate Miraggi del progresso e città sepolte e poi, negli anni, tre laboratori teatrali sperimentali; le quattro edizioni del festival musicale Toccata e fuga; le finora sette collaborazioni al genetliaco leopardiano napoletano; le finora undici edizioni locali di 100 Thousand Poets for Change; vari eventi a celebrazione del bicentenario della nascita di Ferdinando Palasciano; la coorganizzazione di Gli spazi della cultura e della fantasia, per salvare dalla vendita Palazzo Fazio, che si salvò; la campagna per intitolare una piazza di Capua a Nikolaus von Schönberg, campagna coronata dal successo, successo celebrato dalla lezione-spettacolo Capua città “copernicana”; e ancora tante lecturæ Dantis, tanti altri eventi letterari tra cui la prima presentazione di Moresco in Campania, e tanto altro ancora.
Ma soprattutto, l’Accademia Palasciania usa dal 2009 allestire i suoi festival-laboratori di scienza, filosofia, poesia, arti varie, gioco e umana armonia, consistenti ciascuno in una serie di mie lezioni-spettacolo, spesso integrate da momenti di laboratorio ludico, affettivo, biografico e teatrale.
Nell’organizzare i primi tredici festival-laboratori, ogni schema usabile come base d’una serie di puntate è stato buon pretesto per tirar fuori ora un argomento ora un altro (argomenti di filosofia, fisica, biologia, psicologia, antropologia, storia, mitologia, letteratura, musica ecc.). Alcuni schemi: i pianeti e cieli della tradizione classica, lo zodiaco, gli arcani maggiori dei tarocchi, le Muse, la storia, gli anni della vita di Ferdinando Palasciano, le lettere del nome di una persona cara, la Ruota assiologica ovvero uno schema circolare simmetrico atto a sintetizzare in sedici campi il mondo degli interessi umani.
Il 30 novembre 2019 è iniziato – e a causa della pandemia non è stato ancora completato – il XIV festival-laboratorio palascianiano, L’idea dell’uomo, composto di repliche di vecchie lezioni-spettacolo: una per ciascun festival-laboratorio precedente. Si spera di poterlo completare tra aprile e luglio 2021, tenendo all’aperto le sei puntate mancanti e, infine, la cerimonia per la consegna dei diplomi.
Frattanto è decollata la prima webserie palascianiana, Come non impazzire in casa, che mescola letture dei grandi classici della letteratura a fiction avventurosa ambientata in due universi paralleli: il nostro, in cui sulla Terra imperversa la pandemia di Covid-19, e un universo alternativo, in cui la Terra è invasa dai nanorobot del pianeta Tromos. Entro la fine di febbraio dovrei aver finito di montare l’attesissimo IV episodio, che si andrà a unire agli altri già in YouTube.
Questo il nostro canale YouTube, dove troverete fra l’altro la registrazione della lezione-spettacolo Capua città “copernicana” (non troverete, invece, la videoconferenza Il viaggio della mamma verso l’iperuranio, fuori elenco):
https://www.youtube.com/channel/UCT7eHcTx02v5ni427h_jHdQ
martedì 12 gennaio 2021
Il mio programma per i prossimi anni
12 gennaio 2021
Anime gentili, questa è una data per me particolarmente simbolica. L’11 gennaio è nata mia madre, il 13 gennaio è morto mio padre: trovandosi nel mezzo, e in adiacenza d’ambedue le date, il 12 gennaio risalta/risulta essere una data-cardine perfetta per una riflessione sulle idee di vita e di morte e sull’esistenza in generale.
Il 2033 sarà un anno similmente particolare: perché da un lato io compirò 65 anni, l’età che aveva mio padre quando è morto, e dall’altro sarà il 100° anniversario della nascita di mia madre.
Per questo doppio motivo – che spero non v’appaia troppo esile – ho stabilito, già da tempo, quanto segue.
Nei dodici anni dal 2021 al 2032, mi dedicherò finalmente toto corde non solo agli studi intensivi di cui dicevo in un altro post*, ma anche e soprattutto a preparare (e questo stesso post che state leggendo è la prima** mossa del 2021 in tal senso) l’opera intorno alla cui realizzazione – compiuta o incompiuta che sia – ruota tutta la mia vita, e del cui progetto in tormentata evoluzione ho già trattato in varie mie lezioni*** lungo gli anni (ma anche in interi festival-laboratori: basti pensare a Dal Paleolitico a Palasciania, 2017-2018****).
Ciò cui ambisco è un romanzo che vada oltre ogni romanzo, una sorta di bibbia ma areligiosa (e tuttavia non priva di sentimenti che si direbbero “religiosi”), un Bildungsroman-opera mondo… che sarà però – attenzione – soltanto l’ombra ideale di ben altro Libro.
D’un Libro che Marco Palasciano non potrebbe mai scrivere, ma neanche James Joyce.
D’un Libro impossibile da scrivere per un essere umano, e finanche per il piú sovrumano alieno.
D’una Enciclopedia cosmica o meglio anacosmica, cioè descrivente a fondo non solo tutto il cosmo in tutta la sua spaziotemporalità (passata, presente e futura; e già il solo narrare del futuro, ovviamente, è impossibile) ma anche ciò che sta al di “sopra”, al di “là”, del cosmo, del mondo fisico: il mondo metafisico, l’«iperuranio», l’Iperrealtà (in parte atemporale e in parte metatemporale) che sta alla Realtà come la Realtà sta al Sogno (ambedue temporali; ma «il Tempo non esiste», docent Julian Barbour et alii).
Detto in ordine inverso: quell’Enciclopedia Totale trascenderebbe il Tempo per ampliarsi al Metatempo e, ancor piú “oltre”, all’Atemporale (tre piani cronologici in cui, secondo la mia filosofia*****, ciascuna delle nostre anime si situa “contemporaneamente”: nel Tempo siamo disgiunti, nel Metatempo siamo congiunti, nell’Atemporale siamo Uno).
Solo all’interno d’una tale inenarrabile narrazione macrostorica-che-piú-macro-non-si-può assumerebbero un preciso Significato la mia microstoria e quelle di tutti gli altri esseri vissuti, viventi e vissuturi nelle varie versioni realizzate o realizzande del mondo fisico, dal Big Bang allo Gnab Gib di ciascuna di tali versioni.
Come detto, un tale Libro sarebbe impossibile da scrivere; ma non le sue “ombre”: libri tipo il mio libro.
Quest’ultimo sarà un semplice (ma non semplicissimo) romanzo, o proustiana serie di romanzi, al tempo stesso Bildungsroman e opera mondo, bislunga o quinquislunga ma mai noiosa, essendo vivacizzata dal dolce stil palascianesco e da espedienti narrativi di tutti i colori******.
Un testo costituito per la piú parte da normali (ma non normalissime) vicende umane, bestiali ecc., e nel contempo costellato di continue meravigliose allusioni all’ideale Enciclopedia Totale e a come in essa si collocherebbero enti ed eventi.
Un testo autobiografico ed eterobiografico, familiare e amicale, localistico e globalistico, storiografico e cronachistico, scientifico e filosofico, politico e poetico, ludico e amoroso in cui riversare tutto me stesso, il mio mondo, il mondo intorno e l’idea di ciò che è al di là di tutti i mondi, fino a lambire la Verità Splendente come già Dante nella chiusa della Commedia, unico finale possibile d’ogni opra-ombra anacosmica******* degna d’essere scritta.
Anche se non ci fosse nessuno disposto a leggerla.
* Studi basati sulla suddivisione dello scibile in dodici aree, a ciascuna delle quali dedicare un diverso anno; ma anche un diverso mese di ciascun anno; ma anche una diversa ora di dodici ore settimanali. Per l’elenco delle dodici aree di studio, e qualche altra foto della tabella dell’orario settimanale, vedi qui.
** O Sincronicità! mentre scrivevo le parole «la prima», ora, la tv ha detto «la prima cosa che devo fare».
*** Ciò a partire già dalla prima lezione di filosofia palascianiana in assoluto: Palasciano scrittore. Dalla dialettica tra immaginazione e conoscenza alla letteratura come progetto enciclopedico, tenuta il 15 maggio 2009 a Napoli, nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi “Federico II”, con un’introduzione di Francesco de Cristofaro.
**** Vedi qui.
***** Per approfondire vedi Il viaggio della mamma verso l’iperuranio. Come superare il lutto con filosofia e poesia.
****** Colori però, si spera, non pacchiani come furono nelle giovanili Prove tecniche di romanzo storico (prolegomeni e parte del capitolo I: qui; capitolo VI: qui).
******* Cfr. anagramma «Marco Palasciano → L’opra anacosmica».
giovedì 31 dicembre 2020
Dilaga lo scandalo della falsa poesia di Whitman
Da settimane Walt Whitman si rivolta nella tomba, per lo spot natalizio di Esselunga che gli attribuisce falsamente quell'orrenda poesia, e voi non dite niente. Possibile che in tutto il mondo me me sia accorto solo io?
A un certo punto della versione lunga della suddetta poesia, Non lasciare, facilmente trovabile in Internet, l'ignoto autore ha infilato questo:
Da qualche parte, nella rete, qualcuno lo avrà annotato; e qualcuno, nel leggere tale annotazione, si sarà confuso, e avrà creduto che Whitman fosse l'autore di Non lasciare anziché di quel singolo verso citato.
Per scrupolo, comunque, ho sfogliato tutto Whitman. E quella poesia non c'è.
A un certo punto della versione lunga della suddetta poesia, Non lasciare, facilmente trovabile in Internet, l'ignoto autore ha infilato questo:
«“Riecheggiano le mie barbariche urla sopra i tetti del mondo”, dice il poeta».Ebbene, il «poeta» citato è Whitman. «Riecheggiano le mie barbariche urla sopra i tetti del mondo» è un verso ritagliato dal suo Canto di me stesso.
Da qualche parte, nella rete, qualcuno lo avrà annotato; e qualcuno, nel leggere tale annotazione, si sarà confuso, e avrà creduto che Whitman fosse l'autore di Non lasciare anziché di quel singolo verso citato.
Per scrupolo, comunque, ho sfogliato tutto Whitman. E quella poesia non c'è.
sabato 26 dicembre 2020
Due sonetti, di Palascianio e Ventre, con le stesse rime
Marco Palasciano
SONETTO CONTRO
CHI È CONTRO IL PANDORO
SONETTO CONTRO
CHI È CONTRO IL PANDORO
Mai capirò, bench’i’ abbia ampie le chiocche,
la crudeltà inumana di coloro
che spregian me che mangio il mio pandoro.
Ch’acri insulti ne colan dalle bocche!
E quand’io per le rime – sian barocche,
minimaliste o rap – rispondo loro,
s’adontano, d’ipocrita disdoro
insuperbendo; e mostrano le nocche.
Tira il diavolo (l’etimo suo è noto)
i fili del razzista, del fanatico
religioso et similia. Aborre il vuoto,
invece, ed ogni divisione, l’angelo
che m’ha educato alle virtú che pratico;
e a quei rei mira, al cuor loro atro, e piàngelo.
Daniele Ventre
SONETTO SULLO STESSO TEMA
SONETTO SULLO STESSO TEMA
Saranno le abitudini farlocche,
o le idiozie pensate di straforo
da spregiatori di mediocre coro
e proni a falsità, ricette sciocche.
Rosicano per mucide bicocche,
poi vomitano ubbíe di similoro,
nudi del benché minimo decoro
sudditi al falso per idee tarocche.
Ha il razzistello il diavolo a piloto
e per malignità si fa scismatico
e bacia madonnine al vano voto:
ma fra scenografie da Michelangelo
scacciano all'Ade il fascistello asmatico
poi mangiano pandori angelo e arcangelo.
giovedì 24 dicembre 2020
Un’altra poesia di natale di Marco Palasciano (pseudosonetto con prestito leopardiano)
Odi per lo sereno un suon di squilla.
Zampognari? No: macchine nel traffico,
lungi, oltre gli eucalipti, non so dove.
Natale i canti immilla, di consueto;
ma or non un canto: solo un clacson. Solo
io sto. Né splende il sole. Forse piove.
Nulla può consolarmi, nulla lieto
renderà questa me**a di Natale
pandemico, nemmeno il buon pandoro
– che tanti snob osteggiano co**ioni,
avvezzi ai disgustosi panettoni –
portatomi da un’anima gentile.
Non mi suicido, ma... che ca**o, porca
pu**ana, anzi Wuhana! Bah, abbozziamo.
mercoledì 23 dicembre 2020
La poesia di Natale di Marco Palasciano (sonetto)
Babbo Natale, eggrègora gioviale,
che fai di questi tempi saturnini?
Che porterai a noi bravi bambini,
noi ligi alla clausura antivirale?
Lo statuto ontologico speciale
che hai tu fa sí che tocchi e non inquini.
Son qui che attendo i doni tuoi divini.
Sul tetto atterra. Scendi per le scale.
Bussami, t’apro. Già lo sai che voglio:
– su un vassoio di rame sette teste
mozze di dittatori, quelli veri;
– su un vassoio d’argento un quadrifoglio
che scacci gli imbecilli e ogni altra peste;
– su uno d’oro chi è il Sol dei miei pensieri.
sabato 7 novembre 2020
Lettera a «L’Avvenire» (che non risponderà)
Riporto qui un post da me pubblicato in Facebook alle 22.59 di oggi, 7 novembre 2020.
1. QUEI POVERI BAMBINI.
Voi dite che ai bambini nelle scuole «si finirebbe per cercare di far credere che l’esperienza che vanno facendo della realtà è una finzione essendo l’umanità non declinata al maschile e femminile». Ma quando mai qualcuno ha cercato di far credere una cosa del genere? Questa accusa è tipica di chi va sproloquiando della fantomatica “teoria del gender”, che non esiste.
2. LA NEOLINGUA ORWELLIANA.
«Riscrivere la natura umana»? La Commissione Affari costituzionali, semplicemente, aveva invocato l’opportunità di chiarire maggiormente i concetti, al fine di evitare incertezze in sede applicativa; preferivate forse che si restasse sul vago? avreste protestato lo stesso, se non di piú.
3. PER NON RESTARE SUL VAGO.
Ecco, appunto, ve ne siete resi conto anche voi. Ma allora di che stiamo parlando? ah, riecco: del vostro timore che si possano «perseguire come discriminatorie quelle che di fatto sono concezioni differenti della natura umana, oggetto di legittimo confronto e di convinzioni profondamente radicate nella coscienza di tanti cittadini». Orbene, se tali convinzioni però non sono scientifiche, non hanno alcuna legittimità, cosí come il terrapiattismo di fronte all’evidente sfericità della Terra. Che i vostri dogmi rimangano pure colle loro radici ben infitte nella vostra coscienza; ma non spingano, per cortesia, i loro germogli a urticare le coscienze e le vite altrui.
4. QUANTA INTOLLERANZA POSSIAMO TOLLERARE.
«Fissazioni ideologiche»? I fissati siete voi. Finitela di perseguitare le famiglie omogenitoriali con i vostri disumani Family Day, per dirne una, e di lagnarvi di essere voi i perseguitati. «Troppo largo è», dite, «lo spazio per l’interpretazione discrezionale di cosa possa istigare ad atti discriminatòri o persino alla violenza»; ma scusate: basterà che vi sforziate di parlare in modo piú chiaro e meno fraintendibile, no? è un eccellente esercizio che non potrà che far del bene alla vostra dialettica; la quale, a giudicare dall’articolo in questione, al momento ha basi alquanto fragili.
5. LA DISPARITÀ DELLE PARITARIE.
«La scuola paritaria che non vuole celebrare la Giornata anti-omofobia può farlo o è destinata a pagare questa sua intangibile libertà?» A me farebbe piacere che pagasse. Dopotutto, le scuole paritarie non son “sfondate di denari”? e non godono già di troppi privilegi?
6. LO SPETTRO DELL’ANARCHIA.
«Se posso essere ciò che voglio, e contando davvero solo quel che io dico di me stesso, tutto è fonte potenziale di discriminazione nei miei confronti». No, non tutto: solo l’intollerante che vuole metter bocca per forza, sindacando sull’intimità altrui.
7. GAY LIVES MATTER.
Mi disgusta come cerchiate di sminuire un profluvio di violenza che è da sempre sotto gli occhi del mondo. Non so piú di quante tragedie e traumi ho dovuto leggere nella cronaca, o sentire da diretti testimoni. A una mia amica quasi cavarono un occhio. In certe città due uomini non possono passeggiare la mano nella mano senza venire aggrediti verbalmente o peggio: è vita questa? E voi lí a calcolare se ci siano o no abbastanza vittime all’anno…
8. BEN ALTRO A CUI PENSARE.
Il vostro ultimo motivo è un capolavoro del piú banale e basso benaltrismo; meriterebbe senz’altro in risposta un’unica parola, che inizia per “fan” e finisce per “lo”; ma sono troppo un signore. Come che sia, serve forse ch’io aggiunga che questo tira e molla va avanti non da qualche mese, ma da decenni? La gente discriminata non ne può piú di attendere; e questo è proprio il momento giusto per darle finalmente la Legge tanto attesa, altro che rimandare oltre. C’è, infatti, la pandemia; per questo, non c’è mai stata tanta angoscia generalizzata, prima d’ora, qui, come altrove, da molt’anni a questa parte; a ciò si sommano i disagi specifici delle persone lgbt+ nell’essere considerate da tanti, e spesso trattate, come cittadini di serie B; dunque quale miglior momento per fornire un motivo di sollievo, di rinforzo morale, di speranza nel futuro, alla parte piú oppressa e bistrattata – dopo forse i poveri – della popolazione italiana? E poi, «Chi salva una vita salva il mondo». Voi perché volete rendervi, invece, complici del protrarsi di questa condizione umiliante e, alla lunga, dolorosa già di per sé, senza bisogno di morti e feriti? Perché non potete semplicemente tacere, per una volta, per carità cristiana, prima che vi debba tacitare la Legge? Che poi nemmeno vi taciterà, fidatevi. State facendo un pandemonio inutile.
1. QUEI POVERI BAMBINI.
Voi dite che ai bambini nelle scuole «si finirebbe per cercare di far credere che l’esperienza che vanno facendo della realtà è una finzione essendo l’umanità non declinata al maschile e femminile». Ma quando mai qualcuno ha cercato di far credere una cosa del genere? Questa accusa è tipica di chi va sproloquiando della fantomatica “teoria del gender”, che non esiste.
2. LA NEOLINGUA ORWELLIANA.
«Riscrivere la natura umana»? La Commissione Affari costituzionali, semplicemente, aveva invocato l’opportunità di chiarire maggiormente i concetti, al fine di evitare incertezze in sede applicativa; preferivate forse che si restasse sul vago? avreste protestato lo stesso, se non di piú.
3. PER NON RESTARE SUL VAGO.
Ecco, appunto, ve ne siete resi conto anche voi. Ma allora di che stiamo parlando? ah, riecco: del vostro timore che si possano «perseguire come discriminatorie quelle che di fatto sono concezioni differenti della natura umana, oggetto di legittimo confronto e di convinzioni profondamente radicate nella coscienza di tanti cittadini». Orbene, se tali convinzioni però non sono scientifiche, non hanno alcuna legittimità, cosí come il terrapiattismo di fronte all’evidente sfericità della Terra. Che i vostri dogmi rimangano pure colle loro radici ben infitte nella vostra coscienza; ma non spingano, per cortesia, i loro germogli a urticare le coscienze e le vite altrui.
4. QUANTA INTOLLERANZA POSSIAMO TOLLERARE.
«Fissazioni ideologiche»? I fissati siete voi. Finitela di perseguitare le famiglie omogenitoriali con i vostri disumani Family Day, per dirne una, e di lagnarvi di essere voi i perseguitati. «Troppo largo è», dite, «lo spazio per l’interpretazione discrezionale di cosa possa istigare ad atti discriminatòri o persino alla violenza»; ma scusate: basterà che vi sforziate di parlare in modo piú chiaro e meno fraintendibile, no? è un eccellente esercizio che non potrà che far del bene alla vostra dialettica; la quale, a giudicare dall’articolo in questione, al momento ha basi alquanto fragili.
5. LA DISPARITÀ DELLE PARITARIE.
«La scuola paritaria che non vuole celebrare la Giornata anti-omofobia può farlo o è destinata a pagare questa sua intangibile libertà?» A me farebbe piacere che pagasse. Dopotutto, le scuole paritarie non son “sfondate di denari”? e non godono già di troppi privilegi?
6. LO SPETTRO DELL’ANARCHIA.
«Se posso essere ciò che voglio, e contando davvero solo quel che io dico di me stesso, tutto è fonte potenziale di discriminazione nei miei confronti». No, non tutto: solo l’intollerante che vuole metter bocca per forza, sindacando sull’intimità altrui.
7. GAY LIVES MATTER.
Mi disgusta come cerchiate di sminuire un profluvio di violenza che è da sempre sotto gli occhi del mondo. Non so piú di quante tragedie e traumi ho dovuto leggere nella cronaca, o sentire da diretti testimoni. A una mia amica quasi cavarono un occhio. In certe città due uomini non possono passeggiare la mano nella mano senza venire aggrediti verbalmente o peggio: è vita questa? E voi lí a calcolare se ci siano o no abbastanza vittime all’anno…
8. BEN ALTRO A CUI PENSARE.
Il vostro ultimo motivo è un capolavoro del piú banale e basso benaltrismo; meriterebbe senz’altro in risposta un’unica parola, che inizia per “fan” e finisce per “lo”; ma sono troppo un signore. Come che sia, serve forse ch’io aggiunga che questo tira e molla va avanti non da qualche mese, ma da decenni? La gente discriminata non ne può piú di attendere; e questo è proprio il momento giusto per darle finalmente la Legge tanto attesa, altro che rimandare oltre. C’è, infatti, la pandemia; per questo, non c’è mai stata tanta angoscia generalizzata, prima d’ora, qui, come altrove, da molt’anni a questa parte; a ciò si sommano i disagi specifici delle persone lgbt+ nell’essere considerate da tanti, e spesso trattate, come cittadini di serie B; dunque quale miglior momento per fornire un motivo di sollievo, di rinforzo morale, di speranza nel futuro, alla parte piú oppressa e bistrattata – dopo forse i poveri – della popolazione italiana? E poi, «Chi salva una vita salva il mondo». Voi perché volete rendervi, invece, complici del protrarsi di questa condizione umiliante e, alla lunga, dolorosa già di per sé, senza bisogno di morti e feriti? Perché non potete semplicemente tacere, per una volta, per carità cristiana, prima che vi debba tacitare la Legge? Che poi nemmeno vi taciterà, fidatevi. State facendo un pandemonio inutile.
lunedì 29 giugno 2020
«La ginestra» a Villa delle Ginestre, 29 giugno 2014
Oggi è il 222° genetliaco di Giacomo Leopardi. Per l'occasione, ecco
finalmente pubblicato in YouTube il video della mia lettura de «La
ginestra», tenuta sei anni fa a Villa delle Ginestre in occasione del
216° genetliaco:
sabato 18 aprile 2020
L'unico risvolto positivo della quarantena
Grande novità! son tornato, dopo venticinque anni, a fare cinema. Si tratta d'una webserie: Come non impazzire in casa. Qui la presentazione nel blog dell'Accademia Palasciania. Finora ho realizzato tre episodi, sui dodici previsti. In foto: Dante e Virgilio nell'episodio II, Cosa fare nel caso incontriate animali selvatici.
giovedì 19 marzo 2020
Marzo pazzo
Capua, 19 marzo 2020
Com’è possibile, nonostante la pena che provo per tutti i vecchini a rischio di sparire e i bambini privati d’aria e sole, et alia trístia, che non mi venga da piangere per l’Italia del 2020 bensí per l’Austria del 1938 oppressa dai nazisti e per il fiore che rappresenta l’Austria, l’edelweiss, a sentire per radio la colonna sonora (https://www.youtube.com/watch?v=LUBKrxvQYhA) di The Sound of Music? Sarà che sempre di umanità si tratta. E la musica rende piú fluido il meccanismo empatico. Probabilmente, se gli speaker della tv cantassero, piangerei, sublimando. Invece i telegiornali, cosí come essi sono, è meglio se non li guardo piú. Serve cercare di tenersi allegri. O qua va fuor di sesto il sistema immunitario.
Per casa – come già da tre anni a questa parte, da che abito da solo, quassú all’ultimo piano di questa turris idealmente ebúrnea da cui vedi sia Ischia sia il Tifata – cammino meditando, monologando, dialogando con chi non c’è, cantando con l’improvvisare arie d’opera o recitativi su un qualsiasi discorso che m’esca naturale («Che ci mangiam stasera? vediamo in frigorifero...»), improvviso concerti al pianoforte per la gioia o la noia di chi sente da fuori, compongo poesie e anagrammi, scrivo il diario arretrato, mi do a progetti vari pieni di speranza, guardo ogni tanto un film di fantascienza (non bastasse quello che sto vivendo), poi c’è Facebook, YouTube, l’odore altrui su una maglietta ecc.
Ma oggi comincio a stare un poco male.
Non esco di casa dal 9 marzo. Soprattutto, non abbraccio un amico né un’amica dal 26 febbraio; e tutta la mia vita poggia da sempre sull’affettività!, non vedendo altro da venerare: aborro il denaro, il potere, la fama; solo amore, puro amore, amore assoluto che fa vedere le persone come divinità – che hanno scordato d’esserlo – e fa meravigliare che camminino sulla terra, dai passanti sconosciuti agli amici e amiche in cima all’Amicarium, e non scordiamo i cani randagi e i passeri e gli insetti.
Mi meraviglio anche di come l’impossibilità di abbracciare chicchessia fino a chissà quando, forse giugno, non mi abbia ancora fatto impazzire del tutto. Eppure soffro di carenze affettive e di ansie da abbandono praticamente dalla nascita, da che mia madre ebbe la setticemia e dovettero tenermi separato da lei proprio nei primi giorni di vita. Per questo tendo a stare sempre azzeccato ’ncuollo ai piú amati amici, tra abbracci fusionali, baci sulla fronte, alle mani, carezze a capelli e peli, dinanzi a tutti e lungo intere agàpi, e i festival-laboratori dell’Accademia Palasciania promuovono l’abbraccioterapia e quant’altro sia d’alimento all’umana armonia. Sempre per quell’arcaica ferita sono ipersensibile, semiparanoico, una piccola promessa mancata mi getta nel dolore quasi fosse il piú atroce tradimento, non ci sono mezze misure: o mi sento in paradiso o mi sento all’inferno.
Per grazia della sorte, questo cuore friabilissimo è protetto e sorretto dall’impalcatura d’un possente intelletto adamantino, modestamente, e insomma la mia filosofia m’aiuta, come altri sarà aiutato dalla sua religione o altra epistème. E cosí, pur costretti, io e i miei affetti piú cari, alla separazione fisica, dispersi fra case lontanissime, ci vedo sempre uniti – ab æterno e ad æternum, anzi fuori del tempo –, in quanto anime, a modo d’un reticolo di stelle, nella profonda Verità Splendente, su di un piano ontologico superiore (sia pur non per valore; lunga storia) a quello di quel ludico sogno, o gioco onirico, che è il mondo materiale.
Tuttavia, poiché intanto è in questo mondo che ho da giocare la mia attuale partita, ovvero vita, tocca considerare l’avere un’età a rischio, quasi cinquantadue anni, e l’aver già avuta – meno di quattro anni fa – una broncopolmonite, per cui ho davvero paura di finire «in un fondo di letto allo spedale», le mie cellule in lotta con i microscopici Robot della Morte partiti dalla Cina, sradicato di colpo – per tornarvi poi chissà quando o non tornarvi piú – dalla mia casa tanto bella e disordinata, i miei strumenti, i diecimila libri, i ricordi dei miei cari morti, l’eco cristallizzata del loro amore, la cui luce invisibile concilia tutte le notti il mio piccolo sonno dentro il grande sonno.
Perciò ieri, saputo che i Robot della Morte sono oramai arrivati a soli cento metri da qui, in Viale Ferrovia, se ho ben inteso in quel villino liberty dove oltre un secolo fa si trovò a pernottare – o cosí dicono – Jules Verne in persona, ho deciso di non uscire piú fino a fine pandemía. Neanche per andare al supermercato. Oggi ho chiesta l’elemosina d’un limone e d’un quartario di riso alla maestrina mia vicina e coetanea, domani un vicino giovane e forte (che da bambino andava da lei a ripetizioni) mi farà la spesa.
Intanto un articolo letto oggi mi ha gettato di peso nell’anticamera della depressione. Quando sarà finita l’emergenza, attestava, il mondo sarà comunque mutato irreversibilmente. Non ricordo neanche piú cosa ho letto tant’era scorante. Inoltre ho visto – e rivisto – il video del carissimo Dario che narra della sua vita sospesa (https://www.facebook.com/jdario92/videos/10219932530858121) e ho provato tanta pena per lui, a vederlo cosí teso e a letizia dimidiata, lui il cui abbraccio trasmette una cosí bella luce spirituale, tanto che a Capodanno 2019, fatti i provini a tutti, ebbi a scegliere lui – pur se appena presentatomi – come sostituto di mia madre per l’abbraccio di mezzanotte.
Ora, è straziante ed è splendido constatare come tanti conservino, nonostante quest’ora cosí buia, o semibuia (dopotutto non è il 1938), la loro luce, sempre, che traspare, come nel video di Dario, dietro i volti stanchi, stressati, a tratti disperati, disperazione o disperazioncella che non ci impedisce di cercare comunque d’allestire qualche momento allegro, lontani eppur vicini piú che mai, chi con l’alzare cori dai balconi (ma senza che si esageri o diventa un supplizio per i reclusi di fronte), chi con un videoselfie in cui schitarra, chi con gli arcobaleni dei bambini, chi con un meme o con un video buffo: la moglie col marito travestito da dàlmata al guinzaglio, le imitazioni del governatore, tutto quel che si può.
C’è chi non può giocare, chi vede passare sotto i suoi balconi una carovana di bare o aleggiare su sé, se non Morte, Miseria. Ma chi ha la buona sorte di vivere come unico disagio il dover restare a casa nonostante i suoi anèliti, porti pazienza, io porterò pazienza, ma se non ce la fa cerchi un aiuto, i numeri ci sono, forse anch’io chiamerò. Forse non gli psicologi, forse solo un amico.
Ecco, anche scrivere questo post mi ha un poco confortato. Umana cosa. E chissà che qualcuno non abbia poi trovato del conforto nel leggerlo, perfino.
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