domenica 20 marzo 2011

Un inventario delle scorie aurunche

Prosegue da La fabbrica dei mostri.

«La vecchia centrale», scrivevo nel 1996, «ospita nelle sue viscere tonnellate di scorie radioattive. Ma scendiamo più in dettaglio. Per convenzione, le scorie si suddividono in tre categorie:
  • La I comprende scorie la cui radioattività decade in tempo breve, al massimo qualche anno
  • La II comprende scorie la cui radioattività decade nel corso di alcuni secoli.
  • La III, scorie la cui radioattività decade dopo migliaia e migliaia di anni [...].
 

Nella centrale del Garigliano abbiamo tutte e tre le categorie (i dati che seguono si riferiscono all'inventario del 31 dicembre 1990).
  • Per la categoria I: carta, stracci, sovrascarpe, materiale plastico e ferroso, compattati in 951 fusti metallici da 320 litri ciascuno; altri indumenti protettivi, carta ecc. ugualmente contaminati si trovano interrati a due metri di profondità in tre trincee dal volume complessivo di 1100 metri cubi.
  • Per la categoria II: resine a scambio ionico, fanghi di filtrazione, concentrati prodotti dall'evaporatore dei rifiuti liquidi, e soluzioni di contaminazione (la produzione di tutto ciò continua anche nella situazione attuale, a centrale spenta); tali scorie occupavano, alla fine del 1990, 327 metri cubi, oggi naturalmente aumentati per l'aumento delle scorie.
  • Per la categoria III: materiali metallici inglobati in malta cementizia all'interno di 6 manufatti del peso di circa 50 tonnellate ciascuno».
Stavano inoltre «per fare ritorno dall'Inghilterra – dall'impianto di ritrattamento di Sellafeldle barre del reattore, dopo essere state là “ritrattate” per spremerne tutto il plutonio riutilizzabile, ecc.».

La centrale nucleare del Garigliano. Da Google Maps.

L'articolo proseguiva osservando il fatto che il sito in cui sorge la centrale non è idrogeologicamente idoneo a ospitare alcun quantitativo di scorie radioattive, «essendo golenale e ricoperto da formazioni quaternarie di argilla, ghiaia e sabbia, sede di falde freatiche e artesiane»; e come, per questo, l'ANPA attestasse che la sistemazione delle suelencate scorie – lì oramai da vent'anni – fosse da considerarsi temporanea.

«Va detto inoltre che la centrale fu dismessa perché, pur trovandosi in una zona sismica di II classe, era sprovvista di adeguate strutture antisismiche».

Ma com'era iniziata la storia delle nostra centrale? Lo scopriremo nel prossimo post.

Prosegue in La nascita del nucleare italiano.

Passi citati in questo post: MARCO PALASCIANO, Da Chernobyl alla Campania felix (si fa per dire). Tutto quello che avreste dovuto sapere su Sessa ma che l'Enel non ha mai avuto il coraggio di dirvi, «VolAntinoo», 28 giugno 1996.

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